
La situazione di insicurezza e crisi economica ad Haiti è stata aggravata nelle ultime settimane dai dubbi prevalenti sulla risposta della Repubblica Dominicana a questa emergenza, in particolare il suo apparente rifiuto di accogliere i migranti haitiani nonostante gli appelli delle organizzazioni internazionali a rivedere la sua risposta.
All’inizio di novembre, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, ha chiesto alle autorità dominicane di interrompere il rimpatrio forzato degli haitiani, vista la «crisi umanitaria e dei diritti umani» nel Paese.
Per l’Austria, Haiti non soddisfa attualmente le condizioni di sicurezza adeguate per un ritorno sicuro dei migranti, data la «violenza armata incessante e le sistematiche violazioni dei diritti umani».
Così, con questo terreno fertile in territorio haitiano, parte della popolazione più svantaggiata ha scelto di tentare la fortuna nel Paese vicino, dove però ha ricevuto una risposta segnata dalla xenofobia e dalla discriminazione razziale o etnica.
In realtà, l’appello non si limita alla Repubblica Dominicana, ma Truk ha rivolto un appello a tutta la comunità internazionale affinché dia una mano a un Paese, Haiti, che «è sull’orlo dell’abisso» a causa di un susseguirsi di emergenze che vanno dalla sfera politica a quella umanitaria, sociale ed economica.
Santo Domingo ha risposto prontamente alle parole di Turk e, dopo aver criticato la posizione dell’ONU, ha dichiarato che continuerà con le sue politiche migratorie e il rimpatrio dei cittadini haitiani nel settore occidentale dell’isola di Hispaniola.
Il presidente dominicano Luis Abinader ha definito «inaccettabili e irresponsabili» le dichiarazioni del rappresentante delle Nazioni Unite per i diritti umani, in particolare il suo appello alla comunità internazionale affinché trovi una soluzione alla situazione.
«La politica migratoria di ogni Paese è il potere di ogni governo», ha osservato il presidente dominicano, confrontandosi direttamente con le Nazioni Unite e approfittando della situazione per proporsi come la «nazione più solidale tra tutti i Paesi del mondo».
In mezzo alle critiche internazionali, la rete statunitense CNN ha pubblicato qualche giorno fa un rapporto che suggerisce che la Repubblica Dominicana ha espulso quest’anno «centinaia di bambini da Haiti senza le loro famiglie».
Queste informazioni, basate su dati forniti esclusivamente dall’UNICEF, indicano che l’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia ha ricevuto almeno 1.800 bambini non accompagnati che le autorità dominicane per la migrazione hanno consegnato ad Haiti dall’inizio dell’anno.
Sebbene la Direzione generale della migrazione dominicana abbia smentito questa notizia, insistendo sul fatto che gli haitiani espulsi non erano mai stati minori non accompagnati, la situazione è giunta alle orecchie dell’ambasciata statunitense a Santo Domingo.
I rappresentanti statunitensi nella Repubblica Dominicana hanno avvertito i loro concittadini dei maggiori controlli e degli interrogatori che potrebbero subire durante il viaggio verso l’isola solo a causa del colore della loro pelle.
Washington ha anche denunciato le «operazioni generalizzate» di deportazione di persone che, semplicemente per il loro aspetto, potrebbero essere migranti privi di documenti, soprattutto haitiani.
«Ci sono notizie di detenuti tenuti in centri di detenzione sovraffollati, senza la possibilità di contestare la loro detenzione e senza accesso al cibo o ai servizi igienici, a volte per giorni, prima di essere rilasciati o deportati ad Haiti», ha denunciato l’ambasciata statunitense.
In seguito, Santo Domingo è tornata a negare le accuse e a ricordare a Washington le «eccellenti relazioni bilaterali» e il fatto che la Repubblica Dominicana sia «uno degli alleati più affidabili».
La presidenza dominicana ha infatti rilasciato una dichiarazione in cui sottolinea che, negli ultimi anni, è stata una delle voci più importanti nel mettere in guardia sulle condizioni di Haiti, soprattutto dopo l’assassinio del presidente Jovenel Moise nel luglio 2021.
Ma al di sopra di tutte le voci critiche, le autorità di Port-au-Prince sono state le prime ad avvertire che il Paese vicino sta trattando i migranti haitiani in modo «disumano e degradante» e hanno espresso la loro «indignazione».
Haiti ha denunciato una serie di «immagini scioccanti» che mostrano il trattamento dei migranti da parte delle autorità di frontiera della Repubblica Dominicana e ha esortato il Paese confinante ad accordare un «trattamento rispettoso della dignità umana» a coloro che attraversano la parte orientale dell’isola di Hispaniola.
Le autorità haitiane hanno esortato la Repubblica Dominicana a rispettare i protocolli di rimpatrio concordati alla fine del secolo scorso e hanno annunciato che la diplomazia di Haiti a Santo Domingo presenterà un reclamo formale sulla situazione.
NUOVA ESPLOSIONE DI COLERA Nel mezzo della crisi migratoria, ad Haiti è emersa una nuova epidemia di colera, una malattia potenzialmente mortale ma prevenibile, sia per la popolazione locale che per i suoi vicini a est.
All’inizio di ottobre, le autorità haitiane hanno confermato un nuovo focolaio di colera nel Paese, riportando un caso confermato e annunciando che diversi altri casi sospetti erano sotto indagine.
Pochi giorni dopo, anche il Ministero della Salute della Repubblica Dominicana ha confermato il primo caso di malattia nel Paese. Santo Domingo ha riferito che si trattava di una donna di 32 anni che aveva viaggiato qualche giorno prima da Haiti.
Pertanto, sebbene le tensioni tra Haiti e la Repubblica Dominicana siano storicamente note, si sono aggravate negli ultimi anni dopo l’assassinio di Moise, l’aumento dell’insicurezza nelle strade e la crisi economica e umanitaria, esacerbata dalla situazione internazionale.
Tutto questo è stato un terreno fertile per le autorità dominicane per rafforzare la presenza militare ai confini e persino per costruire un muro lungo i limiti territoriali con Haiti.






