
Lunedì le autorità iraniane hanno portato a 26 il numero di persone arrestate per il loro presunto legame con l’attacco a un mausoleo nella città meridionale di Shiraz alla fine di ottobre, che ha causato 13 morti e quasi 40 feriti.
Il ministero dell’intelligence iraniano ha dichiarato che le forze di sicurezza hanno arrestato un totale di 26 «terroristi» e ha sottolineato che si tratta di una delle operazioni «più complesse ed estese» intraprese finora nel Paese.
Ha inoltre rivelato che sono stati arrestati diversi «agenti» entrati in Iran per compiere «operazioni simili», tra cui cittadini azeri, tagiki e afghani, come riportato dall’agenzia di stampa iraniana Mehr.
Infine, ha affermato che il «principale elemento» che coordina le operazioni della cellula è un cittadino azero che è entrato in Iran con un volo dalla capitale dell’Azerbaigian, Baku, dopo di che ha contattato elementi del gruppo jihadista dello Stato Islamico in Afghanistan.
Lo Stato Islamico ha rivendicato la responsabilità dell’attacco al mausoleo di Shah Cheragh, avvenuto mentre i fedeli stavano pregando. In seguito, il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha dichiarato che le proteste seguite alla morte in carcere di Mahsa Amini, arrestata perché avrebbe indossato il velo in modo scorretto, «spianano la strada» a simili attacchi.
Il mausoleo, che contiene la tomba di Ahmed bin Musa – fratello dell’imam Ali Reza, discendente di Maometto e ottavo imam dei Duodecimani iraniani a maggioranza sciita – è il terzo più importante del Paese, dopo quelli dello stesso Ali Reza e di sua sorella Fatima Masumé,






