Almeno nove persone sono state uccise, tra cui tre bambini, e altre 77 sono rimaste ferite in una serie di bombardamenti delle forze governative siriane su cinque campi per sfollati nella parte occidentale di Idlib, nel nord del Paese e quasi al confine con la Turchia, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani.
L’organizzazione con sede a Londra, che ha fonti all’interno del Paese, afferma che gli attacchi sono stati effettuati con almeno sei razzi caricati con munizioni a grappolo, che sono illegali secondo le leggi di guerra a causa della loro portata indiscriminata.
Il gruppo ha dichiarato che tra i morti ci sono sette civili (le altre due persone non sono ancora state identificate) e ha denunciato altri quattro bombardamenti da parte di aerei russi, alleati di Damasco, sulla parte occidentale di Idlib. Secondo il servizio di soccorso dei Caschi Bianchi, «molti dei feriti sono in condizioni critiche».
I razzi sarebbero stati lanciati, si legge sul sito dell’organizzazione, da «postazioni delle forze del regime» vicino all’aeroporto Neirab di Aleppo.
Almeno una donna è stata uccisa negli attacchi, che hanno colpito i campi di Maram, Watan, Wadi Haj Khaled, Baiba e Kafr Rouhain, oltre alla città di Maureen.
Poco dopo, l’Osservatorio ha annunciato ulteriori bombardamenti di artiglieria nei sobborghi di Ariha, Urm al Yuz, Bayannin, Safuhan, Al Fatirah, Kfar Awaid, Al Ruwaihah e Shannan nella campagna di Idlib, nonché nelle province limitrofe di Hama e Aleppo, portando a circa 20 il numero totale di obiettivi colpiti nelle ultime ore.
Secondo l’Osservatorio, il lancio di razzi è avvenuto il giorno dopo che cinque forze siriane nel sud-ovest di Idlib sono state uccise in un attacco da parte di un gruppo affiliato al gruppo jihadista Hayat Tahrir al Sham (HTS), l’ex Fronte al Nusra, affiliato ad al Qaeda in Siria.
L’HTS domina circa la metà di Idlib e le aree confinanti nelle vicine province di Hama, Aleppo e Latakia. Nella regione vivono tre milioni di persone, di cui circa la metà sono sfollate.
Nonostante gli scontri sporadici, il cessate il fuoco mediato nel marzo 2020 da Mosca, alleato di Damasco, e Ankara, sostenuta dai ribelli, è stato più o meno rispettato. Tuttavia, la situazione nel nord della Siria si è aggravata negli ultimi giorni, da quando l’HTS ha preso il controllo della città di Afrin la scorsa settimana, fino ad allora controllata dalle milizie filo-turche.