
In attesa di sapere se annuncerà la sua candidatura alla Casa Bianca nel 2024, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha in qualche modo iniziato a presentare le sue aspirazioni in queste elezioni di metà mandato, in cui repubblicani e democratici si giocano il controllo del Congresso e di diversi Stati.
Trump, che è stato convinto dai suoi consiglieri a non annunciare le sue intenzioni fino a dopo le elezioni per evitare di bruciarsi prima del tempo, ha fatto campagna per i repubblicani che gli sono vicini e ha attaccato soprattutto i potenziali rivali alle primarie.
Il magnate ha organizzato eventi in Iowa, sede del primo caucus repubblicano della storia, che lo rende un luogo simbolico per gli aspiranti alla presidenza, e in Pennsylvania, Ohio e Florida, Stati importanti in queste elezioni dove potrebbero emergere alcuni dei suoi rivali alle primarie.
È il caso del governatore della Florida, Ron DeSantis, che non ha ancora ufficializzato le sue aspirazioni. Le loro differenze sono diventate evidenti negli ultimi giorni, dopo la decisione di appoggiare Joe O’Dea, un critico di Trump, per un posto al Senato. Il magnate ha risposto non invitandolo a un comizio nella parte meridionale dello Stato.
CANDIDATI REPUBBLICANI NEGAZIONISTI Le teorie cospirative sui brogli elettorali nelle elezioni presidenziali del 2020, vinte dal presidente Joe Biden, continuano a essere più che mai presenti all’interno di un Partito Repubblicano in cui la metà dei suoi candidati al Congresso è favorevole a dare credito alle accuse infondate di Trump.
È il caso della candidata a governatore dell’Arizona, Kari Lake, che non solo ritiene che i democratici abbiano rubato le elezioni, ma ha anche seminato il timore di non riconoscere un’eventuale sconfitta contro Katie Hobbs, dopo che quest’ultima era stata ambigua e aveva dichiarato che avrebbe accettato solo il suo trionfo.
Con poche eccezioni, la stragrande maggioranza dei candidati repubblicani è dalla parte di Trump, consapevole dei vantaggi elettorali che potrebbe portare loro tra gli elettori che sono comunemente creduloni a queste teorie. Secondo un sondaggio del «New York Times», il 68% di coloro che aspirano a un posto nel Congresso o nel governo locale ritiene che ci siano state irregolarità in queste elezioni presidenziali.
Uno di questi è l’aspirante governatore della Pennsylvania, Doug Mastriano, che oltre a non riconoscere il trionfo di Biden, ha affittato autobus per gli alleati di Trump che volevano andare a partecipare al comizio dell’ex presidente che ha finito per sfociare nei disordini sediziosi del 6 gennaio davanti al Campidoglio.
Mastriano si distingue dagli altri candidati repubblicani perché è l’unico a essere in ritardo rispetto ai rivali democratici nei sondaggi. Oltre a Lake in Arizona, anche altri oppositori come il candidato al Senato del Wisconsin Ron Johnson e il candidato alla carica di governatore del Wisconsin Tim Michels sono favoriti e dicono che non accetteranno alcun risultato diverso dalla sua vittoria.
Questo negazionismo potrà essere rappresentato dall’8 novembre in poi, nel breve termine, nelle sfide che i repubblicani presenteranno in caso di sconfitte ravvicinate; mentre nel medio e lungo termine, se conquisteranno il controllo della Camera dei Rappresentanti, saranno due anni molto concitati che rappresenteranno una sfida per Biden e il terreno perfetto per una possibile rimonta di Trump.