
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha condannato giovedì praticamente all’unanimità l’embargo imposto dagli Stati Uniti a Cuba, un’iniziativa che l’isola promuove annualmente per chiedere la fine di una misura che risale al 1958 e che, secondo L’Avana, si è intensificata negli ultimi anni.
I media ufficiali cubani si sono vantati di una «vittoria clamorosa», dato che 185 Paesi hanno votato a favore di una risoluzione contro la quale hanno votato solo gli Stati Uniti e Israele. Ucraina e Brasile si sono astenuti.
È la trentesima volta che Cuba richiama l’attenzione della comunità internazionale con questo gesto simbolico, che non ha ripercussioni politiche dirette. Su base annuale, serve a difendere le proprie posizioni politiche davanti all’organo delle Nazioni Unite in cui sono rappresentati tutti gli Stati membri.
Il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodríguez, ha sostenuto davanti all’Assemblea che il «blocco» ha causato all’isola più di 150 miliardi di dollari di danni, di cui più di 6,3 miliardi di dollari corrispondono ai primi quattordici mesi del mandato dell’attuale presidente statunitense, Joe Biden.
Negli ultimi mesi il governo cubano ha denunciato che Biden non ha invertito l’inasprimento delle politiche intraprese dal suo predecessore, Donald Trump, e anzi ha intensificato alcune misure durante la pandemia di COVID-19.
Rodríguez ha stimato che più dell’80% della popolazione cubana è nata dopo l’embargo e che, nonostante le pressioni «disumane», «non rinuncerà mai» al suo sistema politico. «Cuba si rinnova continuamente e ciò che rimane immobile, ancorato al passato e isolato è il blocco», ha detto il ministro.