
L’Unione Africana ha espresso domenica la sua «estrema preoccupazione» per la situazione della sicurezza nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC) a seguito delle avanzate del gruppo ribelle Movimento del 23 marzo (M23).
«Chiedono a tutte le parti un cessate il fuoco immediato, il rispetto del diritto internazionale, la sicurezza per i civili e la stabilità dei confini con tutti i Paesi della regione», ha dichiarato l’Unione Africana in un comunicato congiunto rilasciato dall’attuale presidente dell’organismo panafricano, Macky Sall, e dal presidente della Commissione dell’UA, Moussa Faki Mahamat.
Chiedono inoltre un «dialogo costruttivo» nell’ambito del meccanismo previsto dal Quadro per la pace, la sicurezza e la cooperazione per la Repubblica Democratica del Congo e la regione, e ricordano che dal 4 al 13 novembre è prevista una riunione del processo intercongolese, per la quale chiedono «buona fede».
Il testo ribadisce il sostegno dell’UA alla Roadmap di Luanda per la normalizzazione delle relazioni politiche tra la RDC e il Ruanda.
L’M23, composto principalmente da tutsi, ha ripreso le armi nel 2021 e negli ultimi giorni è riuscito a conquistare le città di Kiwanja e Rutshuru, situate lungo la strada principale che serve Goma, la capitale della provincia del Nord Kivu, nell’est del Paese, che confina con il Ruanda. Gli esperti delle Nazioni Unite hanno accusato l’Uganda e il Ruanda di sostenere i ribelli, sebbene entrambi i Paesi abbiano negato di averlo fatto.
L’M23 è accusato dal novembre 2021 di aver compiuto attacchi contro le postazioni dell’esercito nel Nord Kivu, nonostante le autorità congolesi e l’M23 abbiano firmato un accordo di pace nel dicembre 2013, dopo i combattimenti del 2012 con l’esercito, sostenuto dalle truppe delle Nazioni Unite.
Le relazioni tra la RDC e il Ruanda sono in crisi da quando sono arrivati in massa nell’est della RDC gli hutu ruandesi accusati di aver massacrato i tutsi durante il genocidio del 1994. Dopo un periodo di distensione diplomatica, il conflitto ha ripreso intensità a maggio, quando il governo congolese ha convocato l’ambasciatore ruandese per denunciare il presunto sostegno del Paese all’M23.






